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Un criterio-base da non stravolgere

di Mauro Bini

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9 ottobre 2008

Dopo i salvataggi delle banche e la manovra concertata sui tassi sembrerebbe venuto il momento in cui le Autorità (statunitensi ed europee) vogliono metter mano ai principi contabili, per liberare le trimestrali dalla minaccia di ingenti perdite di valore delle attività finanziarie da contabilizzare sulla base del mark-to-market (iscrizione in bilancio al prezzo dell'ultimo giorno di mercato). Hanno iniziato Sec e Fasb proponendo, la scorsa settimana, un'"interpretazione" del principio contabile Sfas 157 (fair value measurement) in grado di permettere l'uso di modelli valutativi interni, in luogo dei prezzi, per esprimere il fair value delle attività finanziarie il cui mercato sia diventato illiquido. Considerato che oggi non c'è attività il cui mercato possa dirsi liquido e che l'adozione generalizzata di un sistema mark-to-model esporrebbe i revisori al problema di dover attestare la congruità di tanti diversi valori stimati per una stessa attività finanziaria, sta prendendo corpo in Europa la proposta di consentire un massiccio trasferimento delle attività finanziarie dai trading books ai banking books sulla base di un costo presunto (per esempio l'ultimo fair value nella semestrale).

I titoli detenuti per la negoziazione costituiscono la più parte di quelli nei bilanci bancari: per i gruppi italiani costituivano a fine 2007 il 70% del totale. La maggior parte è costituita da titoli a largo mercato, ma buona parte delle obbligazioni corporate è gravemente illiquida. All'Ecofin è stata sottolineata l'esigenza di risolvere (Iasb e Fasb in concerto, entro ottobre), il problema della riclassificazione delle attività finanziarie da una categoria all'altra. Si tratterebbe di una sospensione del fair value e della reintroduzione di un criterio del costo (presunto, anziché storico). Benché non sia chiaro per quanto tempo, con quali modalità e per quali soggetti questo massiccio trasferimento (contabile) di asset dovrebbe essere possibile, emerge come l'analisi politica abbia individuato nel fair value una delle principali aggravanti della crisi. Rimuovere o modificare le regole contabili in fasi di crisi finisce per premiare chi consapevolmente si è esposto a maggiori rischi, ma questo potrebbe anche essere un prezzo da pagare se la contropartita fosse allentare la spirale negativa della crisi.

Il problema è che la contropartita è tutt'altro che sicura: c'è un vero e proprio rischio di overreaction da parte dei mercati. Questa è anche la paura di revisori, analisti finanziari e investitori istituzionali Usa che hanno scritto lettere aperte al Congresso chiedendo di preservare l'indipendenza dei principi contabili. In letteratura è noto l'effetto prociclico del fair value e dei rischi indotti dall'adozione del fair value per attività prive di mercato liquido. Se i mercati sono inefficienti gli intermediari, quando costretti a redigere i bilanci sulla base del mark-to-market, sono indotti a vendere le attività finanziarie proprio quando il loro prezzo è inferiore al valore fondamentale. In settembre abbiamo assistito a massicci ordini di vendita dei titoli Lehman a prezzi anche inferiori del 70% del recovery rate stimato da società di rating indipendenti. Tuttavia, per porre freno a questo fenomeno sarebbe sufficiente chiarire che il fair value deve esprimere un prezzo in condizioni ordinate di mercato fra parti consapevoli e informate e non il prezzo che si forma in un mercato distressed. Quando mancano condizioni ordinate di mercato è necessario adottare il mark-to-model. È vero che tale chiarimento aprirebbe la porta a valutazioni soggettive, ma il rischio di risultati esageratamente difformi sarebbe contenuto. Si potrebbero chiedere in contropartita più informazioni già nella trimestrale e ridurre il problema interpretativo della selva di prezzi stimati. Consentire, invece, il trasferimento di attività finanziarie problematiche da una categoria all'altra finirebbe solo con il nascondere perdite nei bilanci. Manovra pericolosa quando le banche non si prestano denaro per assenza di fiducia. Si finirebbe con il dar vita a un sistema contabile che unisce gli svantaggi del criterio del costo storico e del fair value. Per questo sarebbe necessario che il trasferimento di asset da una categoria all'altra fosse limitato a casi particolari. Il rischio sarebbe altrimenti quello di alimentare al prossimo giro (i bilanci annuali) le invocazioni per l'abolizione dell'impairment test dei goodwill.

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